Il progetto arriva dal regista, animatore e compositore lettone Gints Zilbalodis, che nel 2019 ha già diretto “Away“, un’opera di animazione muta per la quale lui stesso ha composto la colonna sonora. In “Flow – un mondo da salvare“, ancora una volta non esistono dialoghi, anche se abbiamo a che fare con vocalizzazioni molto accurate (ed emozionanti) ad opera dei nostri personaggi animali.
Flow è stato presentato a Cannes nella categoria ‘Un Certain Regard‘, una specifica sezione dedicata a film che si discostino leggermente dai canoni sia per contenuto che per approccio narrativo. Tra gli altri film di questa categoria troviamo Dogtooth di Yorgos Lanthimos e, di più recente produzione, How to Have Sex di Molly Manning Walker. In particolare, Flow è stato scelto come candidato lettone per il premio a miglior film internazionale agli Academy Awards.
Flow – un mondo da salvare segue le vicende del nostro protagonista “Cat“. Ai personaggi non vengono infatti dati nomi, dato che il film li presenta senza dialoghi. In questo senso il linguaggio visivo della pellicola funge davvero da strumento primario di comunicazione con il pubblico, che assiste alla storia di Cat in quanto creatura solitaria e isolata, costretta, inizialmente contro la sua volontà, a unirsi ad altri animali per sopravvivere a una grande alluvione.
È evidente il riferimento all’Arca di Noè, sebbene il simbolismo religioso si esaurisca qui; l’animazione è magnificamente articolata in tre dimensioni ma, cosa interessante, non tutti i bit del fotogramma vengono elaborati completamente: il materiale viene invece animato in modo tale da somigliare a filmati girati manualmente, a volte quasi come se si trattasse di spezzoni rinvenuti casualmente del gatto e delle sue esperienze.
Quando gli è stato chiesto del progetto, il regista lo ha descritto come “un flusso spontaneo della fantasia“, facendo ovviamente un’associazione con il titolo del film ma descrivendo anche accuratamente lo stile di animazione molto fluido nel passare da una scena all’altra e incredibilmente affascinante. Anche con la resa a volte intenzionalmente incompleta, i dettagli e i movimenti dei personaggi sono eccezionali.
In genere nell’animazione tradizionale con animali come protagonisti, noi vediamo questi ultimi raffigurati come sostituti degli stereotipi umani: cioè, invece di avere rappresentazioni reali della loro specie, spesso ci ritroviamo degli animali che si comportano come gli umani. In Flow, invece, l’animazione descrive l’animale e le sue emozioni in modo assolutamente accurato; le minuzie del movimento sono così precise da riflettere la natura vera e propria dell’animale, piuttosto che offrire semplicemente una metafora di una qualche fin troppo nota caratteristica umana. Se avete mai avuto un gatto, noterete che qui tutti i dettagli – ogni parte del corpo e dell’espressione, le orecchie e la coda, quei micromovimenti che se conoscete bene il vostro animale sapete quanto raccontino di lui/lei – sono straordinari.
La gran parte del progetto ci presenta un’opera assolutamente concreta e radicata nella raffinatezza della trama (con lunghe riprese e un montaggio minimalista che consentono allo spettatore di connettersi con il protagonista a un livello profondo). È impressionante come il film ti faccia entrare in empatia con un gatto animato senza dover ricorrere a dialoghi o a manifesti input emozionali. Di fatto lo possiamo considerare uno splendido esemplare di pellicola atta a insegnare agli studenti di cinema, il tutto senza dialoghi, la composizione di un’inquadratura, lo sviluppo dei personaggi e il raggiungimento di apici emotivi.
C’è anche una sequenza in cui il film vira verso il surreale, allineandosi maggiormente al precedente lavoro (“Away”) del regista; senza fare spoiler, è un momento meraviglioso quasi necessario all’interno di una narrazione altrimenti troppo basica e lineare, e il significato della scena può essere interpretato in diversi modi, donando profondità all’esperienza complessiva.
Il comparto sonoro è straordinario – in particolare nelle scene in cui si passa dall’ambiente subacqueo a quello in superficie – e le microespressioni e le vocalizzazioni degli animali sono assolutamente brillanti: i miagolii, i pianti, ognuno di questi fattori trasmette sottili differenze emotive e di significato.
Detto questo, la pellicola dura poco meno di 90 minuti e probabilmente non potrebbe ambire a una durata maggiore senza rischiare di perdere l’attenzione del pubblico; è un’opera abbastanza semplice sotto molti aspetti e non analizza temi particolarmente profondi: in realtà tratta di amicizia, equilibrio tra essere indipendenti e fare affidamento sugli altri e, come suggerisce il titolo, la capacità di seguire la corrente invece di imporsi al mondo; essa inoltre esplora il modo in cui noi interagiamo con la Natura. Certo, non abbiamo a che fare con tematiche innovative, ma del resto il film non mira a presentarsi come un trattato filosofico; al contrario, offre un’esperienza affascinante e immersiva che susciti naturalmente empatia.
Insomma, probabilmente ci troviamo di fronte a un piccolo gioiello che merita di essere visto non solo dagli amanti dei gatti ma da chiunque apprezzi la narrazione attraverso l’arte.
Fonte: pointsofreviews.com