Questi festosi e amabili uccelli un tempo vegliavano su Perth (capitale dell’Australia occidentale) come sentinelle, ma ora sono in pericolo a causa della scomparsa del loro habitat
L’altro giorno un’amica mi ha inviato [racconta Rosamund Brennan, NdR] un video di alcuni Cacatua di Carnaby nel suo cortile. Una famiglia di cinque esemplari se la stava spassando sopra gli stami dorati di una Banksia nativa, starnazzando e gracchiando mentre l’albero si piegava sotto il loro peso.
Mentre finivano il loro banchetto e si levavano in cielo, emettendo il loro richiamo confuso e flautato, sentii un calore pervadere il mio petto e i miei occhi riempirsi di lacrime. Era un sentimento a metà tra la nostalgia e l’amore. La loro cantilena struggente, mi resi conto, era il paesaggio sonoro della mia infanzia.
Loro facevano da guardiani al furgoncino del doposcuola, vegliando dall’alto dei pini e ricoprendo di semini il vialetto. Nei fine settimana io e mia sorella andavamo al parco nazionale di Greenmount, dove si rannicchiavano contenti tra gli alberi di eucalipto Corymbia calophylla, mentre durante le vacanze a Yanchep ci godevamo regolarmente il brivido che scaturiva da un turbolento stormo che fluttuava sopra di noi.
È passato molto tempo dall’ultima volta che ho visto i Cacatua di Carnaby allo stato brado, cosa che pensavo fosse dovuta al mio stile di vita urbano e itinerante. Ma a quanto pare c’è molto di più.
“Annerivano il cielo“, afferma il professor Kris Warren, uno specialista dei Cacatua neri in via di estinzione dell’Australia occidentale. “Solo 50 anni fa, quando ero piccolo, a Perth si vedevano stormi fino a 7.000 esemplari. Ora, saremmo fortunati a vederne 100.”
Endemico del sud-ovest dell’Australia occidentale, il cacatua di Carnaby (Ngoolark in lingua Noongar) è una sorta di icona. In tutta Perth, dei murales colorati illustrano il suo carattere indomito e i gruppi di birdwatching vanno pazzi per gli avvistamenti. Ma il nostro amore per questo uccello è in conflitto con il suo drastico calo numerico.
Si stima che la popolazione dei Carnaby sia diminuita tra il 50% e l’80% negli ultimi 45 anni e continui a diminuire del 4% ogni anno. I principali colpevoli sono il disboscamento e la deforestazione, che hanno visto scomparire oltre il 90% del loro principale ambiente di caccia, riproduzione e nidificazione a partire dall’insediamento europeo.
Per queste magnifiche creature è come morire per l’effetto di mille pugnalate, dovendo affrontare una serie di altre minacce, tra cui collisioni con veicoli a motore, maggiore competizione per la ricerca di spazi ove nidificare e un maggior numero di malattie. Inoltre, gran parte della restante popolazione ha superato l’età riproduttiva.
Nel frattempo, gli esperti affermano che i piani del governo di continuare a disboscare le piantagioni di pino Gnangara – il più importante habitat per il procacciamento di cibo e la nidificazione di questo uccello nella regione di Perth-Peel – potrebbero comportare una catastrofe per la specie.
“Molte persone non si rendono conto di quanto sia terribile questa situazione“, afferma Kingsley Dixon, botanico ed ex direttore scientifico di Kings Park.
“Perth è un luogo idilliaco agli occhi degli umani, ma noi siamo i maggiori responsabili dell’estinzione del pianeta. Abbiamo spazzato via il 70% del paesaggio nel sud-ovest e ovunque regna un costante disinteresse che persiste ancora oggi”.
Il Ngoolark (Carnaby) ha anche un grande valore culturale per il popolo Noongar e assume molteplici significati, tra cui quello di portatore di pioggia, messaggero celeste e spirito protettivo della famiglia. L’Università di Murdoch ha scoperto che la riduzione numerica della specie sta causando grande disagio ad alcune comunità Noongar.
Il Cacatua nero di Baudin, che assomiglia molto al Carnaby, è ora in grave pericolo di estinzione, con una diminuzione della popolazione del 90% nelle ultime tre generazioni.
Warren sostiene che l’unico modo per annullare la decrescita della popolazione di cacatua di Perth sia “passare dalla perdita netta di habitat alla riconquista netta di habitat.” Sebbene ciò debba avvenire a livello governativo e industriale, i singoli individui possono contribuire piantando alberi autoctoni come le specie Banksia, Hakea ed eucalipto.
“I Carnaby sono qui da 10 a 20 milioni di anni”, afferma Dixon. “Sono dei sopravvissuti e sono così speciali per questo posto.”
“Se non possiamo salvare i Carnaby, non possiamo salvare nulla”, continua. “Abbiamo così tante informazioni su questi uccelli che sappiamo cosa dobbiamo fare. Semplicemente non voglio assistere all’ultimo canto dei Carnaby. Nessuno di noi lo vuole.”
Alzando lo sguardo al cielo oggi, dove un tempo i Carnaby si riunivano a migliaia, sento il peso di ciò che è andato perduto e l’urgenza di salvarli.
Come tante persone nel sud-ovest, adoro questi uccelli. Il loro splendido corpicino fatto di piumaggio smerlato bianco e nero. I loro occhietti astuti e gentili e l’espressione gioiosa. Il modo in cui mamme e papà si accoppiano per tutta la vita e allevano i loro piccoli in un “albero culla”, nascosto in alto tra il fitto fogliame.
Non posso fare a meno di pensare a una citazione dello scrittore irlandese Robert Wilson Lynd: “Per vedere gli uccelli è necessario diventare parte del silenzio.”
Non possiamo cambiare il destino dei Carnaby senza entrare nel loro mondo, osservare il turbinio e la vitalità dei loro viaggi verso il cielo e abbracciare la nostra innata reciprocità con l’ecosistema terrestre. Forse se dedicassimo all’ascolto il tempo necessario potremmo capire il loro tonante appello: questa è la nostra casa.